Roberto Petroni
La mia musica


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Note teoriche

1. Sul genere musicale

La domanda che più mi imbarazza quando qualcuno mi chiede informazioni sulla mia musica è: ”che tipo di musica fai?”, sottintendendo un riferimento ad uno o più generi codificati.
Rimando alla nota successiva alcune considerazioni generali sul problema della classificazione e provo rispondere, per quanto mi è possibile, alla domanda.
Roberto Petroni, Jodie Bevers, Cristina Fondi e Giuliano Esperati I miei riferimenti musicali principali sono nella musica “classica”, nel jazz, nella musica popolare del sud Italia e nella musica leggera italiana e anglosassone degli anni ’60 e ’70, con una particolare attenzione al progressive rock. Credo che tutte queste suggestioni, in qualche modo, si riflettano in tutte le mie composizioni, a volte esplicitamente e volontariamente, più spesso come echi inconsapevoli ma inevitabili. Escludendo, quindi, quei brani che per esigenze particolari, ad esempio un commento musicale per un video o un "esercizio di stile", ho concepito fin dall’inizio come appartenenti a un determinato genere musicale, in tutti gli alti casi scrivo la musica che sento in me, senza alcun condizionamento che non sia quello dato dallo sviluppo musicale stesso. Non saprei quindi definire in generale la mia musica; credo che tutti i richiami ai quali ho fatto esplicito riferimento e forse anche altri che ho assimilato indirettamente concorrano alla nascita di un brano, ma in modo naturale, senza assolutamente ricercare un’esplicita fusion tra stili diversi. In altri termini, l'obiettivo che cerco di perseguire non è l’eclettismo formale, ma piuttosto una sintesi, possibilmente, almeno in parte, originale. Nella sezione di download ho inserito la voce “genere” unicamente per dare un primo appossimativo riferimento, assolutamente inadeguato, a chi non conosce i brani, ma si tratta di definizioni vaghe e generiche. Sarò curioso di accogliere suggerimenti in proposito. Se però l’ascolto di un brano vi lascerà incerti sulla sua collocazione, lo riterrò non un difetto del brano stesso, ma un suo pregio.


2. Sul genere musicale

La prima e più immediata dicotomia in cui si tende ad essere intrappolati è, ovviamente: classica vs leggera, con il jazz a fare da terzo incomodo. Infatti, se la SIAE risolve sbrigativamente il problema collocandolo senza troppi scrupoli all’interno della leggera, molti teorici rivendicano, per il jazz, la costituzione di una terza autonoma categoria, di importanza uguale alle altre due; altri ancora, riferendosi soprattutto alla rivoluzione avviata dal bebop, riconducono invece anche questa espressione musicale al processo di trasformazione/dissoluzione armonica determinatosi nella musica classica del '900. Ma, che la contrapposizione abbia in sé delle contraddizioni, è rivelato già dalla terminologia usata: “classica” è o dovrebbe essere, in realtà, una categoria storica, che rimanda al periodo aureo che collochiamo tra la musica “antica” e quella “contemporanea”, mentre “leggera” sottintende un giudizio strutturale, se non addirittura di valore. Per risolvere la contraddizione, alcuni hanno preferito utilizzare il termine musica “seria” che effettivamente sembra meglio contrapporsi a “leggera”, ma appare ancora più inadeguato del precedente: sarebbe ridicolo giudicare Pierino e il lupo di Prokofiev un’opera seria e Naima di Coltrane un’allegra serenata. Altrettanto inadeguata è la categoria dell’”impegno”: può essere considerata una disimpegnata canzonetta popolare Lo guarracino, quando la raffinata esposizione delle specie ittiche coinvolte nell’epica contesa ha saputo richiamare l’attenzione di scienziati e letterati? Con quanto detto, però, non voglio assolutamente negare l’esistenza di differenze tra le varie espressioni musicali, e più in generale culturali: ovviamente esistono forme espressive più o meno complesse, contenuti alti e contenuti banali, opere che resistono al tempo e che incidono profondamente sull’evoluzione della società e altre che risultano insignificanti. Mi sembra però abbastanza chiaro che una suddivisione utile e corretta dovrebbe basarsi su un’analisi strutturale, contestuale e storica piuttosto che ricorrere a giudizi di valore, impliciti e preconcetti, quali quelli che spesso si celano nella dicotomia classica/leggera. Il War requiem di Britten e Yesterday di Lennon – McCartney sono opere lontanissime per struttura musicale, complessità strumentale, durata ecc., ma entrambe rappresentano, in modo diverso, alcune delle migliori espressioni musicale inglesi del ‘900. Solo il tempo potrà dire quale tra le due ha influenzato, direttamente o indirettamente, in modo più significativo gli sviluppi musicali successivi. La suddivisione classica/leggera, con tutti i rischi e le difficoltà a cui si è accennato, è però solo la prima e più macroscopica. Se si cerca ad esempio su Wikipedia “generi musicali”, ci si imbatte in una miriade di generi e sottogeneri che spesso si intersecano e si sovrappongono tra loro. Posto che alcune categorie hanno una giustificazione solo commerciale, per tentare di differenziare un’offerta che in realtà spesso si riduce a pochi modelli promossi dall’industria culturale, rimane l’impressione di una grande confusione piuttosto che di una reale ampiezza di possibilità. Ritengo che, almeno in parte, tale confusione scaturisca proprio dalle contraddizioni insite nella dicotomia primaria, classica/leggera, che consente di separare in maniera abbastanza netta i generi musicali tradizionali, riconoscendone anche i sottogeneri: musica sinfonica, lirica, operetta, canzone, folk ecc., ma si rivela del tutto incapace di intercettare le forme musicali contemporanee, originate dalla dissoluzione armonica delle avanguardie, dalla nascita di nuove possibilità tecnologiche e dalla selezione operata dall’industria culturale.